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GIROLAMO ROVETTA

BABY

e TIRANNI MINIMI

MILANO

CASA EDITRICE BALDINI & CASTOLDI

Galleria Vittorio Emanuele, 17-80

1913

PROPRIETÀ LETTERARIA

MILANO—TIP. PIROLA & CELLA DI A. CELLA

TIRANNI MINIMI

I.

—«Sta ferma, brutta saetta!» strillò la contessa Orsolina alzando conuna mano, in aria di minaccia, un pettine d'osso giallo e sdentato, ecoll'altra dando una tirata rabbiosa alla grossa coda di capellicastagni della piccola Agnese.

La fanciulletta in piedi, dritta dinanzi alla padrona che la pettinava,non si era mossa fino allora, ma traballò per quella strappata forte,improvvisa, e le si empirono di lacrime gli occhioni grandi, infossatinel visino smorto. Tuttavia rimase sbalordita, senza mettere un grido:era tanta la soggezione e la paura, che non osava fiatare.

—«Sta ferma, brutta saetta!» ripetè la Contessa, e questa volta, dopoavere scaraventato il pettine sulla seggiola vicina, accompagnò latirata con uno scappellotto.

—«Le fo anche da serva, a quella monella… E lei, invece di essermenegrata, le inventa tutte per farmi scappar la pazienza!»

La sera, prima che la famiglia uscisse in gala per recarsi al Caffèd'Europa, la piccola Agnese, che serviva in casa da sguattera, dacuoca, da cameriera e da bambinaia, veniva sempre lisciata e vestita ditutto punto dalle mani stesse della contessa Orsolina, che siassoggettava, non senza dispetto, a quella disgustosa operazione, pur ditener alto il decoro della casa. È da sapersi poi che la Contessa lachiamavano tutti Orsolina, col diminutivo, soltanto perchè ciò le facevapiacere; ma, in verità, era invece un pezzo di donna alta e tarchiata,coi capelli rossicci arruffati che pareano un enorme parruccone, e collafaccia tonda, colorita, tutta sparsa di lentiggini e di bitorzoligiallognoli, che la Contessa chiamava nei, reputandoli una delle suetante bellezze.

La bimba, nel frattempo, sotto le sfuriate della padrona aveva sempretaciuto, e per non muoversi punto, non si asciugava nemmeno le lacrimeche le colavano chete giù dalle guance pallide e smunte, sul grembiulebianco.

—«Piange, quella smorfiosa. Piange!» continuò a brontolare la signora,che aveva incominciato a far la treccia, movendo in fretta le ditagrosse, coperte dagli anelli d'oro, con un moto che pareva meccanico.«Piange, povera vittima!» e per ischernire Agnese prese a farle ilverso, sforzando la voce aspra, fessa, a una cantilena piagnucolosa. Mapoi, quel dolore muto, quel pianto silenzioso finì per irritarlamaggiormente e «Bada» tornò a gridare infuriata, «bada che se nonismetti di frignare, ti concio io pel dì delle feste».

La bimba, allora, si sforzò di trattenere le lacrime e si asciugò gliocchi colle manine ruvide e annerite, già sformate dalle fatichegrossolane e screpolate dal rigovernare.

La Contessa, terminata la treccia, la legò in fondo stretta stretta coicapelli che tolse vi

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