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Gerolamo Rovetta

Il Tenente dei Lancieri

ROMANZO

Sesto S. Giovanni, 1916.

I.

La ditta portava il nome del padre «Giovanni Monghisoni», ma chicomandava, la vera padrona del negozio, era sempre stata l'unicafiglia del Monghisoni: la signora Maddalena, maritata Trebeschi.

Colla sagacia, col fiuto degli affari, uniti a una gran passione per iquattrini, e di più col vento sempre in poppa, la signora Maddalenaaveva mandato avanti la nave a gonfie vele, aveva raddoppiata etriplicata la sostanza paterna. Ma quanta attività, quanta tenacia,quanto lavoro ci aveva messo, e quanto sforzo di polmoni! La vocedella signora Maddalena squillava, in ogni ora e in ogni stanza, comeuna campana; giovane, sana, esuberante, il gridare era il suo unicosfogo.

Il fondaco era in via Lentasio a porta Romana. Nei lunghi cameroni,fra le botti d'aringhe, i barili d'olio, le forme di parmigiano, eraun continuo andirivieni, un vociare continuo, di commessi e diavventori: il lampadino che ardeva in fondo in fondo, nel buio,dinanzi ad una immagine della Santa Casa di Loreto, dondolava come unpendolo, per il tremoto dei facchini che caricavano o scaricavan laroba: ma la voce della signora Maddalena, sempre alta e forte,dominava tutto quel gran fracasso, dando ordini e strapazzate.

Il babbo Monghisoni quand'era vivo, stava ben attento, e scantonavanel fondaco, per non urtare la figliuola; se no, fioccavano lestrapazzate scroscianti come pioggia e grandine anche sul suo capo.

—Se non ci fossi io—strillava la signora Maddalena—se io fossicome le altre donne, tutte matte da legare, che pensano soltanto aspendere e a fare all'amore, colla tua poca testa a quest'orasaresti al Ricovero o all'ospedale.

Morto il padre, essa aveva cominciato a lodarlo e a levarlo ai settecieli; ma lo faceva aggrottando le ciglia, e finiva sempre perumiliare gli altri ed esaltare, sè stessa.

—Mio padre!… Era l'unico al mondo che poteva vantarsi, come me, diessere un fiore di galantuomo!—Oppure:—Mio padre!… era insiemecon me la sola testa di casa in mezzo a un branco di bestie,

La Signora Maddalena, ancora prosperosa e piacente adesso che toccavala cinquantina, era stata a' suoi tempi un bel pezzo di donnone: aporta Romana la chiamavano il bel granatiere. Maestosa, forte, con unprofluvio di capelli nerissimi, lucenti, ondulati, spartiti a ciuffoin mezzo alla fronte, colla peluria dei baffettini che le ombreggiavale labbra rosse e dava risalto ai denti sani, con un'aria smargiassadi me n'impipo, pareva la padrona del mondo. Pure, se le piaceva dimettere in mostra la sue qualità virili per dar soggezione, edall'occorrenza anche per incutere un certo timore, non aveva mai fattocaso della propria bellezza: e nemmeno, a dir vero, di quella deglialtri. Aveva scelto per marito il signor Daniele Trebeschi: unperticone giallo, mal piantato, col naso storto e fatto a, spatola ecol mento pecorino; certo, il più brutto dei suoi commessi: ma che neimportava alla signora Maddalena? In dieci anni che lo aveva, innegozio, o non lo aveva mai guardato, o ci si era avvezzata. Avevanotato invece quello che a lei premeva: cioè che fra i suoi commessiera il più attivo, il più diligente, il più pratico: onde il giornonel quale essa si trovò di fronte a un dilemma inevitabile, ocrescergli lo stipendio o lasciarselo scappare, s'appigliò a un terzopartito, che fu di sposarlo. E p

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