RACCONTI
DI
CATERINA PERCOTO.
FIRENZE
FELICE LE MONNIER.
—
1858
Proprietà letteraria.
[1]
Quando una forma ci si offre di buono o di bello,giova cercare il come e il perchè la sia nata, non perimporne l'esempio ad altrui come legge tiranna, maper dedurne un qualche documento a noi stessi. Così,vedendo negli scritti della signora Caterina Percotolo spirito della poesia spirare dalla schietta prosasenza quasi mai ricerca d'ornamenti poetici; ricevendodalle semplici sue narrazioni un diletto piùvero che da romanzesche avventure intrigate insieme,sorge in me desiderio d'investigare per che viaella sia giunta fin là; e mi fo ardito ad esporre lemie congetture, lasciando a chi conosce più davvicinol'autrice giudicare s'io colga nel vero. Quelli che adaltri parrebbero impedimenti, dico l'essere lei vissutalontano dalle grandi città, e nel consorzio di poverabuona gente, vissuta straniera alle raffinatezze dellaletteratura accademica e ai solletichi di sempre nuoveletture e esperienze degli uomini e delle cose; questia me paiono appunto i sussidi che meglio la feceroquel ch'ell'è.
La educarono i sacri dolori e le gioie schiettedella famiglia, nella cara loro uniformità variate, e[2]che però meglio d'ogni rettorica insegnano a conciliarela soavità con la forza, ch'è il pregio e dellavirtù e dello stile. Amica e sorella alla madre, rimanendolepur sempre figliuola, in quest'affetto continuòad educarsi, e ad apprendere il segreto difficiledell'educare lo spirito altrui. L'essere lei natacontessa le giovò non tanto alla gentilezza del sentiree de' modi che in altre condizioni può esserenon meno delicata e forse più schietta, quanto al cultodi certe tradizioni che la nobiltà della stirpe insegnaa serbare per secoli, parte per coscienza di dovere,parte per amore d'utile che se ne abbia o se ne speri,parte per orgoglio e per vanità; ma laddove non hannoluogo le cagioni vili, quel culto partecipa della religione,ed è alla verace nobiltà de' pensieri incessantealimento. E molto più quando, come qui, la personacollocata un po' più in alto, e per il mutare de' tempi,e meglio per virtuosa e liberale volontà, e per bisognodell'animo e della mente si volga, benevola ancorpiù che benigna, ai minori, non per tingerli de'propri difetti o farli servire alle proprie debolezze,ma per nobilitare e rinvigorire del loro esempio sèstessa. Cresciuta in agiatezza modesta, l'autrice di questeNovelle vide poi dì men lieti, ma forse allo spiritopiù sereni; e non tanto per tirannia di fortuna o perpropria negligenza, quanto per elezione d'anima veramenteeletta, per amore del semplice, e per istintodi quella verace uguaglianza che non condiscendese non per assumere gli altri a sè, e non ambisceappareggiarsi ne' vantaggi e ne' trastulli ma sì piuttostone' danni e ne' dolori, spontanea si condusse alle[3]angustie di povera vita; e quando poteva freddamente,se non duramente, comandare, si fece a sèe ad altri, come insegna l'Amico degli uomini, ilarementeministra; e acquistò così, non che perdere,dignità. Non è mica che la Contessa si contentassed'andare, cos