Vol. XXIX ˜˜ | Num. 62 ˜˜ |
Per cura del CLUB ALPINO ITALIANO (Sede Centrale)
TORINO
Via Alfieri, 9
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1896
G. Candeletti, Tipografo del C. A. I.—Torino, via della Zecca, 11.
Fra le più care e tipiche figure dei pionieri dell’alpinismo italiano,che ormai col volgere degli anni, come natura vuole, vanno scomparendo,una più delle altre pareva voler sfidare impavida le bufere della vita emantenersi vegeta sulla breccia fra l’ammirazione dei vecchi perl’ardore giovanile con cui combatteva, dei giovani per la tenacia collaquale sosteneva alti i più puri ideali di tutta la sua esistenza.
Ma ad un tratto quella maschia figura che da ben quarant’anni viveva franoi è scomparsa; quel roseo viso, sorridente sempre, incorniciato fradue candide fedine non è più che un dolce ricordo; quello sguardoaperto, vivace e profondo, che rispecchiava tutta la bontà d’un animoelevato, d’un cuore impareggiabile si è spento; quella tempra gagliarda,infaticabile, violentemente si è infranta, lasciando inciso nei monticon indelebili caratteri il suo nome, che ogni montanaro, ogni alpinistad’Italia venerava, lasciando immenso cordoglio nell’animo d’una lunga enumerosa schiera di poverelli che aveva beneficati.
Riccardo Enrico Budden era nato il 19 maggio 1826 in Stoke Newington(Londra), ove trascorse i primi anni della sua vita, e, rimasto orfanogiovanissimo ancora, veniva posto in collegio, dapprima a Bonn e piùtardi a Parigi.
Compiuta ch’Egli ebbe la sua educazione, libero di sè, ricco di censo,dopo breve permanenza in Francia, cominciò i suoi viaggi attraversol’Europa, non ritornando in patria che di tempo in tempo e per non[2]lunghi soggiorni.
Fu a Nizza, italiana allora, che circa quarant’anni or sono si innamoròdel bel cielo tirreno, s’appassionò alla patria nostra che più tardivisitava e studiava in ogni sua parte.
A Genova prima, poi a Torino pose sua dimora, quindi in Svizzera enuovamente in Francia, di dove il ricordo delle città italiane lorichiamava fra noi. Traslocata a Firenze la capitale, Egli pure vi sirecava e dalle sponde dell’Arno seguiva a Roma le sorti del nostropaese, ch’ei già allora considerava come sua seconda patria. Non rimasemai gran tempo nella medesima regione, chè la sua inesauribile attivitàlo spingeva or in questa or in quella, finchè, innamoratosidell’ospitalità semplice e cordiale che sovente s’incontra in tutte leclassi del vecchio Piemonte, ch’Egli chiamò «paese del francoparlare», si stabilì in Torino, ove già più volte aveva abitato.
Nei primi anni ch’Egli era fra noi, come praticavano non pochi suoiconnazionali, si recò a visitare le nostre montagne e rimaseprofondamente colpito dalle innumerevoli bellezze della Valle di Aost