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C. CANTÙ
STORIA DEGLI ITALIANITOMO XIII.


STORIA
DEGLI ITALIANI

PER

CESARE CANTÙ

EDIZIONE POPOLARE
RIVEDUTA DALL'AUTORE E PORTATA FINO AGLI ULTIMI EVENTI

TOMO XIII.

TORINO
UNIONE TIPOGRAFICO-EDITRICE
1877

[1]

LIBRO DECIMOSESTO

CAPITOLO CLXXV.La Rivoluzione francese.

Dell’imitazione di Francia, sostituita alla evoluzionedelle istituzioni patrie e storiche, apparvero gli effettiallorchè quel paese ruppe alla rivoluzione, che nondirigendosi a fini nazionali e speciali come le precedenti,ma a generali concetti, ad un ideale di libertà ed’umanità, valevole in ogni tempo e in ogni luogo,da ciò traea forza e importanza insolite, e il pericoloimmanente che deriva dalla coscienza degl’intenti, sopravviventealle istantanee commozioni. In fatti, scoppiatanel 1789, non è ancor finita oggi ch’io scrivo,dopo ottantott’anni di delitti atroci, di guerre sanguinose,di portenti dell’ingegno e del cuore, e il sovvertimentodi tutte le cose umane e divine, e cento tentativi direstaurazione che fallirono tutti perchè, a mettere d’accordole istituzioni coi costumi non bastano decreti obajonette, parlamenti o galere.

La Francia, concentrando tutta la gloria e la potenzanel re, tutta l’autorità nel Governo, tutta l’amministrazionenella capitale, avea fissato un oggetto a tutti gliscontenti, un fomite a tutte le passioni, una mira a tutti[2]i novatori: e quell’attività che, divisa fra ciascuna provincia,fra ciascun Comune, sarebbesi sfogata in parzialiintenti, si ritorse verso il Governo o per avervi parteo per contrariarlo; gli si appose ogni colpa dacchèvoleva arrogarsi ogni merito; ammirando in Inghilterrail reggimento parlamentare, anche i Francesi bramaronocircondare il re d’istituzioni rappresentative, dovei nobili principalmente, ma anche i pensatori e gli abbientipotessero esprimere i loro voti e concorrere afar leggi; leggi che sarebbero lo stillato di quella sapienzache da un secolo vagliavano e divulgavano i filosofi,banditrice d’emancipazione, di spregiudizio, difilantropia, di naturali diritti; e che proclamata l’umanitànelle scienze morali come la natura nelle fisiche,instillava all’uomo la persuasione della propriaonnipotenza.

Con quale ragione i re esigevano denaro senza chiederneil consenso al popolo contribuente, nè informarlodell’erogazione? Pertanto, trovandosi angustiate le finanze,si gridò la necessità di radunare a consulta inotabili, e dietro a ciò di convocare gli eletti dello statoclericale, del nobile, del borghese, i quali spinti dalmovimento pubblico, ben tosto (1789 19 giugno) presero il nome di AssembleaNazionale.

La sovranità del popolo era idea antica, e Rousseauaveala ridotta a teoria scientifica congiungendola coldiritto naturale e col dogma d’un’intera libertà primitiva,che poteasi nè alienare, nè trasmettere; sicchè lavolontà popolare è giustizia, è morale, è religione. Conquesti o simili principi i filosofi voleano scomporre loStato in idea, per rifarlo secondo la ragion pura; i rivoluzionarjvollero distruggerlo in fatto, per costituirneuno nuovo razionale. Quelli contentavansi di transigerequando avessero la realtà

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