BIOGRAFIA
DI
GIUSEPPE GARIBALDI
COMPILATA
DA
G. B. CUNEO
DEPUTATO.
TORINO 1850
Tipografia FORY e DALMAZZO già Favale
in Doragrossa.
[3]
Vedrai
Un Cavalier che Italia tutta onora
Pensoso più d'altrui, che di sè stesso.
Petrarca.
Di media statura, largo nel petto e negli omeri, tarchiatoe spigliato ad un tempo, ti dà l'idea della forza e dell'agilità.Severo il volto al primo affacciarsi; e gli danno aspettoimponente la fulva intonsa barba, i lunghi e biondi capelli el'ampia fronte da cui scende e forma col naso una retta lineache cade a perpendicolo, e lo sguardo perspicace ed acuto;ma fissandolo, una cara armonia di linee e di forme ti balzacome aspettata dinanzi, e un sentimento di fiducia e di simpatiati sorge improvviso nell'animo e si mesce al rispettoche t'ispirava dapprima.
Aperto l'animo cavalleresco a tutte le manifestazioni delbello, la musica e la poesia hanno su di lui un magico impero.I racconti delle onorevoli imprese e gli atti di caritàa pro degl'infelici lo esaltano potentemente; ma ciò che sovraogni cosa predomina in lui è la devozione all'Italia ed all'onornazionale. La costanza nelle avversità, il coraggio crescentein ragione degli ostacoli e de' pericoli, la fermezzanelle deliberazioni, un colpo d'occhio che di rado colpiscein fallo ne' più terribili frangenti e la serenità in tutti i casidella vita, sono altrettante doti che lo distinguono fra i contemporanei.
Coi germi di queste virtù, fremente azione ed un campodi lotta, si lanciò giovinetto sul mare, che dalle sponde dellasua Nizza nativa aveva tante volte con una specie di voluttàcontemplato sconvolto dalla tempesta, desideroso d'affrontarequelle onde infuriate e signoreggiarle. E cominciò a darprova dell'imperterrito animo e della sua perspicacia, adolescenteancora, un giorno, che trovandosi a diporto in riva almare tra Nizza e Villafranca, gettavasi nelle onde per recare[4]aiuto ad alcuni compagni imbarcatisi sur un palischermo cheper improvviso infuriare del vento pareva vicino a capovolgersi.Sottraevasi il minacciato legno all'imminente pericolo,mercè l'ardire e il pronto consiglio di quel fanciulletto di 13anni. Navigò pel Levante, e in Mar Nero; toccò varii portid'Italia, e da uno di questi recossi in quei suoi primi annia veder Roma, di cui gli rimase poi sempre impressioneprofonda. Dato naturalmente allo studio, alla pratica che andavafacendo degli uomini accoppiava pure lo insegnamentodei libri. E senza misura era quindi il dolore in lui, allorchèpensando a ciò che l'Italia fu e può essere ancora, vedevalamisera preda dello straniero, e per giunta insultata da chi fusempre strumento della nostra rovina. Ira e pietà l'assalivanoa un tempo; e a questi affetti profondamente sentiti venivanoad accrescer forza gli ammaestramenti d'un fratello consolesardo in Filadelfia, il quale dalla lontana terra non cessavadal rammentare all'amato Giuseppe, loro essere Italiani, ecome tali dover vivere, temendo forse che la vicinanza diFrancia e le bastarde tendenze di alcuni lo traviassero.
Nelle sue navigazioni in Levante, colto da malattia, dovèfermarsi in Costantinopoli,